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"L'Europa non è un posto dove andare a cercare fortuna. Va bene se devi studiare o per un lavoro che ti aspetta: fuori da questo stai a casa. Basta con l'accoglienza che crea dipendenza e non risolve il problema".
Davanti ai continui sbarchi e alle morti di migranti in mare è questo il messaggio, duro quanto consapevole, diretto agli africani e agli europei che un giovane sportivo nigeriano, Josiah Timothy Tinat, 31 anni, oggi giocatore del Cus Cagliari Hockey, ha scritto nel suo primo libro.
"Perché migriamo" è un'amara raffigurazione dell'esistente dal punto di vista di un ragazzo che ha viaggiato con la nazionale nigeriana di hockey prima in Gran Bretagna poi in Germania per approdare in Italia, e che ha visto e raccontato nelle sue 113 pagine le storie di sei africani che si sono rovinati – qualcuno è anche morto – pensando di trovare "il paradiso" in Europa, scappando non dalle guerre, ma dalle loro vite nei Paesi d'origine per cercare di far soldi.
"Siamo nati e cresciuti con un'idea completamente distorta dell'Occidente che rimane il nostro chiodo fisso, il paradiso dell'uomo nero, accecati da quello che vediamo sui media e in Tv e a volte solo per l'orgoglio di essere in Europa – dice all'ANSA -. Alcuni vendono tutto quello che hanno per arrivare in Europa dopo un viaggio massacrante e affidandosi a persone senza scrupoli, ma chi vuole diventare ricco finisce per vendere droga in strada, mentre gli altri continuano a vivere ai margini elemosinando di fronte ai supermercati. Non sono contro la migrazione – sottolinea – e non voglio certo scoraggiare quella motivata, ma sono contro quella con rischio e senza motivo".
Per Timothy c'è anche un problema di istruzione: "il 99% delle persone che arrivano con i barconi non ha studiato. Chi ha studiato non rischia la vita ma si rimbocca le maniche nel proprio Paese". La questione è quindi culturale e, secondo Timothy, riguarda sia gli africani che gli europei. "Basta col dire che siamo poverini, che siamo sempre in guerra. Noi non siamo in guerra. E' vero che ci sono delle crisi nazionali ma solo in alcuni Stati, però i media trattano l'Africa come un unico soggetto. E' accaduto anche per l'Ebola che ha coinvolto principalmente Liberia e Sierra Leone e che ha fermato gli africani negli aeroporti senza neanche aver chiesto loro da quale parte del continente provenissero". Da qui l'appello agli occidentali: "Se davvero l'Europa vuole bene all'Africa, usate i vostri media per scoraggiare questo tipo di migrazione che porta alla morte o all'emarginazione".
Timothy Tinat ricorda anche coloro che abbandonano la propria terra perché c'è una guerra e per i quali l'unica via d'uscita per salvare la pelle è fuggire. "Tuttavia – scrive – come mai questa motivazione è talmente forte da spingerli a pensare di recarsi in Europa, piuttosto che in un Paese limitrofo in cui non c'è la guerra? Perché – sostiene – sono persone che hanno trascorso tutta la loro vita sognando di vivere in Europa o in America, per cui quando l'opportunità si presenta loro, la afferrano senza ripensamenti". Insomma un'altra faccia dell'imprinting culturale che vede l'occidente come la meta più desiderata. "Noi africani dobbiamo iniziare a pensare di far fruttare quello che abbiamo nei nostri Paesi – conclude – pochi non hanno scelta e devono emigrare, ma la maggior parte ce l'ha.
Dobbiamo capire che questa scelta esiste".