Con un test del sangue precoce, il quadritest, e il trattamento con aspirina, è possibile ridurre sensibilmente il rischio della pre eclampsia gravidica, meglio nota come gestosi, salvando la vita a tante future mamme e a tanti bimbi. È l’importante scoperta cui è giunto uno studio multicentrico internazionale che è stato sperimentato nella Clinica di Ostetricia e Ginecologia dell’Azienda ospedaliero universitaria di Cagliari.

Uno studio, spiega il professor Gian Benedetto Melis, direttore della Clinica, su circa 27 mila donne gravide in tutta Europa e che al Policlinico è stato testato in collaborazione con il Laboratorio Analisi diretto dal dottor Ferdinando Coghe. La ricerca (che ha avuto come guida il luminare inglese Kypros Nicolaides) è stata pubblicata sul New England Journal of Medicine nel numero di luglio e non lascia spazio a dubbi: fin dalla dodicesima-tredicesima settimana di gravidanza si può comprendere se una donna è a rischio di sviluppare la pre eclampsia.

Una volta verificato questo rischio – dice ancora Melis – si somministra alle pazienti una minima dose di aspirina (150 mg tutte le sere) fino alla 36a settimana e si riduce di oltre il 60% questo rischio. In pratica, la somministrazione precoce di aspirina impedisce che oltre il 60% delle pazienti si ammali, consentendo cioè di arrivare al parto senza che la malattia insorga. I vantaggi di questa scoperta sono importantissimi per ragioni sia scientifiche che pratiche.

L’OMS – dice ancora Melis – ha ipotizzato negli anni ’90 che se si fosse riusciti ad evitare l’insorgenza di pre eclampsia sarebbe stato fatto un gran passo in avanti per ridurre la mortalità materna e fetale e nel contempo sarebbero stati chiari i meccanismi di insorgenza della patologia che tutt’oggi sono incerti. Da questo punto di vista l’efficacia dell’aspirina mette in rilievo che la malattia è la conseguenza del disordine vascolare e coagulativo che si crea a livello della placenta, come ipotizzato nel passato.

Contrariamente a quanto ritenuto fino ad oggi, perché la prevenzione possa realizzarsi sono però necessarie due ulteriori condizioni: che si abbia a disposizione una combinazione di vari markers di rischio attendibili e precoci e che la prevenzione possa realizzarsi nella gravidanza iniziale e cioè prima che il danno vascolare sia irreversibile. Lo studio ha risposto positivamente ai due requisiti dimostrando che il rischio, per una patologia così complessa, si possa calcolare solo combinando parametri clinici e biofisici (età, etnia, anamnesi, pressione arteriosa, flussimetria arterie uterine) con quelli biochimici.

Questi ultimi consistono nel dosaggio contemporaneo in unico prelievo di sangue di BetaHCG, PAPP-A, Alfa Feto Proteina, Growth Factor Placentare (PlGF) e costituiscono il così detto Quadritest o Quad test per lo screening combinato di aneuploidia fetale. Il fattore ulteriormente determinante è rappresentato dalla precocità di questo screening che deve essere realizzato il più precocemente possibile (fine del primo trimestre). Dallo stesso periodo deve essere iniziata la prevenzione con la somministrazione di aspirina a tutti i soggetti a rischio. Eclatanti i risultati clinici e le loro ripercussioni sulla morbilità e mortalità materna e fetale col protocollo sperimentale sia sul campione di circa 27 mila donne (Studio multicentrico Europeo ASPRE) sia nella sua applicazione clinica nella popolazione di gravide afferenti alla Clinica Ostetrica e Ginecologica dell’Aou di Cagliari e sottoposte agli stessi esami per la diagnosi prenatale biochimica di rischio cromosomico fetale. Il rischio teorico stimato di pre eclampsia precoce è risultato pari all’11% della popolazione generale (campione di circa 27 mila gravide al primo trimestre).