“Signor Presidente, non so se leggerà mai questa mia lettera…oggi ho sentito questa voglia di scriverle per farle sapere quello che sto provando” – Esordisce così la lettera aperta rivolta al Presidente della Repubblica, pubblicata da una famiglia di Sinnai che sta rischiando di perdere la propria casa.
“Stamani mi sono svegliata nella mia bella casa al caldo, mi sono guardata intorno ed ho visto le foto della mia famiglia, dei miei parenti, una casa piena di amore e ricordi. Ho fatto quello che normalmente si fa…colazione e una doccia. Mentre aprivo il rubinetto dell’acqua calda ed ho messo la mano per sentire l’acqua mi sono fermata ed ho riflettuto…mi sono domandata se anche lei lo stava facendo e se si chiedeva come me come un gesto simile normale di routine fosse così importante…perché vede Presidente in questo momento ci sono tante persone che non si svegliano più nella loro bella casa, persone che non hanno più i loro ricordi, persone che NON HANNO PIÙ’ NIENTE e che il gesto di aprire un rubinetto.. gesto che facciamo centinaia di volte è un gesto che non possono fare.
Allora signor Presidente mi sono chiesta se lei e gli altri politici come lei di notte dormono.
Perché vede Presidente io non lo riesco più a fare…
Io non ho genitori, figli, ma amici e noi stessi coinvolti in questa triste vicenda e neppure riesco ad immaginare quello che potrebbe accadere se ci prendessero la casa. Bisogna provarlo sulla propria pelle, ma vede a differenza di alcuni ho ancora quella sensibilità che mi permette di sentire il dolore degli altri sulla mia pelle…capita anche a lei?
Sa signor Presidente lei è in grado di spiegarmi quando non hai una casa, quando dormi in una tenda, in una roulotte che differenza c’è tra caldo e ferro? Quando l’acqua si gela e devi uscire per fare pipì?
Si signor Presidente ha letto bene FARE PIPI’…
Qui non c’è più dignità…qui le persone che hanno perso la casa non hanno la possibilità di farsi una doccia, di lavare i propri indumenti…ed ora siamo a gennaio…siamo in inverno.
Signor Presidente io sono stata una volontaria e ho visto tante persone coricate in strada e ho letto nei loro occhi la disperazione e il terrore.
Quello che sta accadendo è una tragedia annunciata …Ecco mi domando come vi sentite nelle vostra calde case, con i vostri ricordi, con i vostri rubinetti che erogano acqua ogni volta che li aprite.
Sa Signor Presidente io sono una piccola donna, ma sono tanto arrabbiata. La mia rabbia si mescola alle lacrime, perché so ancora commuovermi ed immedesimarmi nel dolore altrui.
Mi inchino davanti ai volontari, mi inchino davanti ai Pompieri, mi inchino davanti ai Carabinieri, mi inchino davanti ai Poliziotti, ma non mi inchino davanti ad una classe politica che nulla ha fatto.
Signor Presidente sa che cosa le scrivo…che avete una grande fortuna…che gli Italiani…brava gente…non hanno però il CORAGGIO per scendere in piazza e gridarvi tutti insieme il proprio disgusto!”.
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