“M hanno chiesto cosa sono per me le ultramatatone”. Comincia così un post pubblicato dal nostro Roberto Zanda, l’ironman sardo che in questi mesi è ricoverato in una struttura specializzata a seguito del congelamento degli arti, avvenuto mentre partecipava in Canada all’ultramaratona Yukon Artic Ultra con temperature di -50 gradi. “Ho risposto che sono un bel gioco che può fare chiunque dopo un lungo allenamento, determinazione nel raggiungere un obiettivo e sacrificio, poi c’è chi è disposto a superare i propri limiti che significa rischiare di fare i conti con un altro tipo di sport estremo che non consiglio se non si è strutturati mentalmente perché il rischio è molto grande”.

“Mi hanno chiesto – continua il post – se ho rispetto per la vita e gli ho detto che la difendo con tutte le forze: quella notte per la vita ho fatto un incontro all’ultimo sangue con il dio freddo, l’alternativa più semplice sarebbe stata sedermi e lasciarmi andare, ci avrei messo poco visto che non avevo riparo e la cerniera della slitta era incastrata e neppure con i denti potevo aprirla per prendere il sacco a pelo e accendermi un fuoco. Sapevo che avrei perso mani e piedi, era evidente, ma la testa e il cuore non li ho barattati anche quando le allucinazioni mi hanno fatto vedere cose irreali.

“Mi hanno ha chiesto – conclude – cosa consiglio a un dilettante che si avvicina per la prima volta alle ultra: gli ho risposto che anche io sono un dilettante, lo sono sempre stato, ma mi sono addestrato a toccare il fondo che ero un bambino e questo mi ha reso un combattente”.