Il ministro della Giustizia ha impugnato di fronte alle sezioni unite civili della Cassazione, il provvedimento con cui la Sezione disciplinare del Csm ha rigettato la sospensione facoltativa della giudice Elisabetta Carta, indagata per rivelazione di segreto d’ufficio.
“Manifesto la mia sorpresa – commenta l’avvocato Ivano Iai, legale del magistrato – di fronte all’ennesima iniziativa nei confronti di un giudice serio e preparato. Il ricorso è interamente basato su un contesto di supposte relazioni alle quali la mia assistita è assolutamente estranea”.
La decisione dell’attuale guardasigilli Alfonso Bonafede, contenuta in un ricorso presentato il 20 settembre, era stata preceduta nei mesi scorsi da quella del suo predecessore, Andrea Orlando, che aveva scelto di esercitare l’azione disciplinare. Orlando aveva sollecitato e ottenuto che il Csm adottasse la sospensione obbligatoria dalle funzioni e dallo stipendio connessa con la decisione del gip di Roma, che nei confronti di Carta aveva disposto a metà febbraio l’interdizione dall’incarico per sei mesi. Ma via Arenula ha chiesto anche la sospensione facoltativa, così da protrarre lo ‘stop’ una volta terminati i 6 mesi. I
l 5 giugno scorso la sezione disciplinare del Csm ha rigettato quest’ultima richiesta ritenendo che, “pur nella condivisione della prospettazione della gravità dei fatti addebitati al magistrato”, “il rischio della reiterazione delle condotte contestante” sia “non concreto”, anche perché nel frattempo Carta era stata trasferita da Tempio Pausania a Sassari con cambio di funzioni. Contro questa decisione il guardasigilli ha fatto ricorso.
Il 20 settembre scorso, infatti, tramite l’Avvocatura dello Stato, il ministro ha impugnato l’ordinanza del Csm, ritenendo il trasferimento una misura insufficiente e giudicando “carente e contraddittoria” l’ordinanza del Csm perché non tiene conto di tutti i “rapporti che vengono in rilievo nella vicenda penale e disciplinare”.
Elisabetta Carta, ora giudice civile a Sassari e prima gip a Tempio Pausania, è indagata in un’indagine collaterale a quella della procura di Roma sulle aste pilotate che vede indagati anche altri magistrati che erano in servizio a Tempio. Secondo l’accusa avrebbe disposto intercettazioni informando gli interessati.
“Nel ricorso del ministro – sostiene l’avvocato Iai – si afferma che l’avvenuto trasferimento presso la sede di Sassari non avrebbe eliso le esigenze di cautela, perché all’epoca dei fatti la dottoressa Carta prestava comunque servizio a Tempio Pausania e non a Olbia. Ma il ministro della Giustizia dimostra così di non conoscere la geografia giudiziaria del distretto della Sardegna e di ignorare che Tempio e Olbia costituiscono il medesimo ufficio giudiziario circondariale, finendo in tal modo per dare ragione al Csm”.